La differenza che i consumatori riconoscono e premiano è un esercizio giornaliero.
Vero per ogni impresa, fondamentale per le PMI, vitale in tempi di crisi pandemica.
Per bere il caffè, fino a quando la gestione è rimasta la stessa, mi sono recato per anni in una torrefazione nella zona pedonale del centro storico. Pur contornato di bar nella zona in cui risiedo, la mia scelta era sempre la stessa, anche se impratica.
Semplice motivo: un espresso senza pari – per il quale avrei pagato beatamente il doppio – ad un prezzo quasi inspiegabilmente basso.
Per comprare le sigarette, trovo tre tabaccherie nel raggio di 1/2 minuti da casa. Sistematicamente, mi reco a comprare nella tabaccheria a 5 minuti. Farei lo stesso se quella precisa tabaccheria fosse ancora più lontana.
Semplice motivo: ad assoluta parità di acquisto, pur nel breve tempo di permanenza nel negozio, l’esperienza di acquisto è un piacere per i modi del tabaccaio.
Identica storia per la scelta del ferramenta. A parità di disponibilità, prendo la macchina invece che fare due passi sotto casa: essere servito da quel tal ferramenta, ancora una volta, mi fa uscire con il sorriso.
Per comprare un certo pane al farro, scelgo sempre diversamente dalle panetterie del mio quartiere. Scelgo invece i 10 minuti di macchina a tratta per comprare quell’eccellente pane scuro, che non troverei altrove. Ancora una volta, i modi del personale sono un valore aggiunto.
Gli esempi possono bastare.
Credo siano casi molto comuni: comportamenti di acquisto peculiari ma interamente motivati – spesso quotidiani – che offrono esempi su cui riflettere, nello studiare il successo di una attività.
Ora: il successo di un’attività è il successo del marchio?
La risposta a mio parere è autoesplicativa, ma la voglio giustificare ugualmente.
Torno agli esempi che ho speso, e addirittura metto il carico: salvo il caso del panettiere, dei restanti esercizi non conosco il nome.
Ciononostante, sono tutti esempi importanti di valorizzazione e differenziazione del proprio marchio, almeno nei confronti di questo singolo cliente.
Ripescando concetti apparsi negli articoli precedenti:
una combinazione di attributi materiali e immateriali ha determinato la mia associazione di consumatore verso quell’impresa, portandomi a reiterare il mio comportamento di acquisto.
Quali sono gli attributi materiali: dal prezzo in primis, alle qualità intrinseche del prodotto.
Quali gli attributi immateriali: aspetti specificamente del servizio, quali competenza e gentilezza.
I rispettivi nominativi di quegli esercizi – ossia di fatto i marchi – li imparerò prima o poi?
Suonerà male, ma non è il punto.
Invece:
Al di là che per ora o per sempre li conosca come: “il ferramenta dall’arco di San Lazzaro”, “il tabaccaio a fianco allo stadio Tardini” eccetera, per il successo del loro marchio conta il fatto che continuerò ad esserne cliente, continuerò ad aumentare le loro vendite, e continuerò a consigliare chiunque di comprare in quel posto.
Riguardo il percorso di costruzione e fortificazione del proprio marchio, nel precedente articolo fissavamo tre “ammesso che” e una conclusione (Leggi l’articolo)
I tre “ammesso che”, con valore di condizioni necessarie ma non sufficienti:
- il costo di quello che vendi non sia percepito come caro;
- le opinioni di chi influenza il compratore siano a tuo favore;
- la qualità del venduto non sia discutibile.
La conclusione:
differenziati in qualche modo.
Ecco perché gli esempi spesi – molto comuni nei comportamenti quotidiani d’acquisto dei consumatori – sono esempi virtuosi di successo del marchio:
barrano tutte le caselle, sia le condizioni necessarie e non sufficienti, sia la conclusione.
Chi, a parità di genere di prodotto, con una qualità che sbaraglia i concorrenti e con un posizionamento del costo anti-intuitivo (l’esempio del bar).
Chi, a parità di prodotto e di costo, con un esercizio di modi, cortesia e buono spirito che non può passare indifferente (l’esempio del tabaccaio).
Chi per unicità di prodotto, ma unitamente a modi buoni e prezzo congruo (l’esempio del fornaio).
Al fine della percezione del loro marchio, del successo del loro marchio:
conta più che i consumatori lo conoscano per nome, o che diventino clienti e consiglino terzi a diventare clienti a loro volta?
D’altronde il valore del marchio nei suoi minimi termini è dettato dalla solita cosa: ricavi, generati dalla quantità di acquisti da parte dei consumatori.
Allora, per qualunque piccola media impresa, è necessaria una continua auto-valutazione:
prima di attivare la macchina del marketing/pubblicità, con quali carte gioco la mia singolarità di azienda e la proliferazione del mio marchio, per vedere aumentare i ricavi?
Con un servizio sopra le aspettative?
Con una cura inaspettata della relazione con il cliente?
Puntando su un prodotto che i miei competitori non realizzano/commercializzano?
Con un posizionamento del prezzo insolito, che allarga il mio bacino?
Con la combinazione di quale di questi punti.
Bene: avviare la propria differenziazione inizia prima di rompere il salvadanaio.
O in termini più mirati: essa inizia da una valutazione di cosa mettere in campo di ulteriore a quello che si sta già facendo, prima di stabilire investimenti.
Perché in molti casi queste variazioni, aggiunte, processi di differenziazione si realizzano a costo zero.
Almeno, per tutta la parte di attributi immateriali che contribuiscono alla percezione di un marchio.
Ripetiamo il sommario e chiudiamo. Gli attributi quotidiani e il loro contributo nei confronti del marchio sono: tangibili per le imprese fino alle più grandi; fondamentali per ogni impresa piccola e media; vitali per navigare la crisi corrente.
Giuseppe Restano – Redattore Pubblicitario